dal 24 novembre 2021

Roma, 24 novembre 2021 - Inizia in modo asintomatico, con i 'dolori' di base che causano rigidità e mancanza di funzionalità, solitamente confusi con l'avanzare dell'età. Questi sono indicatori che non dovrebbero essere ignorati, tuttavia dovrebbero essere immediatamente lasciati all'attenzione di un medico di fiducia.

Perché l'artrosi, la più tipica e diffusa di tutte le patologie articolari, può essere gestita. Ne soffrono circa quattro milioni di italiani, ovvero il 12% degli abitanti adulti. È una malattia reumatica cronica che provoca danni alla cartilagine e ai tessuti circostanti, caratterizzata da una progressiva degenerazione dell'intera articolazione colpita.

Quando compare? “L'artrosi è una malattia che colpisce in particolare gli individui di età superiore ai 60 anni. È una patologia destinata ad essere predominante nel prossimo futuro, poiché accompagna l'invecchiamento della popolazione. Ecco perché è importante che l'analisi si concentri su questo inconveniente, per offrire soluzioni che consentano a chi soffre di osteoartrosi di migliorare la propria elevata qualità di vita”, sottolinea Gilda Sandri, reumatologo del Policlinico di Modena ed ex vicepresidente del CReI.

Come viene trattato? “Ci sono diverse tracce di terapia, anche in base alla situazione della patologia. Quando l'artrosi colpisce le articolazioni degli arti inferiori o dei palmi, si può parlare di terapie che prevedono l'utilizzo di farmaci per la protezione della cartilagine, oltre agli analgesici per ridurre il dolore, e di rimedio alla fisiocinesi. Contiamo però sui miglioramenti terapeutici necessari per il futuro”, continua Gilda Sandri.

Come si distingue un esordio di osteoartrosi dal tradizionale 'doloroso'? “È importante che la persona colpita al primo segnale di allarme, cioè a una manifestazione di dolore, vada dal medico per un controllo. Il dolore dovrebbe essere inquadrato, sia clinicamente che radiologicamente. Pertanto, in presenza di sintomi dolorosi, specie se diffusi su più articolazioni, è necessario che il medico indichi la persona colpita da un reumatologo. Quest'ultimo farà poi un'analisi della malattia ed eventualmente ne determinerà lo stadio”, conclude il dottor Sandri.

“Come in tutti i disturbi reumatici, potrebbe essere opportuno determinare la malattia in una fase precoce e trattarla nelle fasi iniziali, dove è più semplice prevenire lo sviluppo di danni strutturali. Da non sottovalutare i primi segni e segni che indicano che una cosa sta cambiando nell'articolazione. Quando si comincia a sentire davvero il primo disagio nello svolgere le normali attività quotidiane, come salire le scale e operare per prendere l'autobus”, sottolinea il prof. Best, Reumatologia, Ospedale San Pietro, Fatebenefratelli, Roma e neoeletto Vice Presidente CReI.

“Lo stesso scenario si verifica anche nei giovani, parliamo di 40 anni, abituati a praticare sport e che iniziano ad avere i primi segnali che limitano i movimenti articolari. Ho eseguito un panel globale per creare un questionario che indaghi lo standard dei primi sintomi per determinare questa parte e monitorare qualsiasi intervento farmacologico e non farmacologico, come la riduzione del peso, per verificare che la malattia non si sviluppi", continua. Prof. Migliora.

C'è una maggiore incidenza negli uomini o nelle donne? “Per quanto riguarda la fascia di età sotto i 50 anni, la predominanza è per gli uomini, come risultato finale di un maggiore approfondimento dell'attività fisica e sportiva. Mentre, a partire dai 50 anni, l'artrosi è più comune nelle donne”, conclude il prof. Per migliorare.

A che punto siamo con la terapia rigenerativa? “Nella terapia dell'artrosi esistono attualmente terapie infiltrative che hanno la flessibilità di ridimensionare i sintomi o, comunque, migliorare la situazione articolare del paziente. Anche se siamo ancora lontani dall'avere la possibilità di dire che un trattamento/r/nrigenerativo implica un intero restauro e un'intera ricostruzione della cartilagine del paziente”, afferma il Dott. Alessandro Di Martino, ortopedico presso la Clinica II e Ricercatore presso il Laboratorio ATRc (Centro di Ricerca Applicata e Traslazionale) di Rizzoli.

Cosa tiene la lunga corsa nel campo dell'osteoartrosi? “Nuove terapie infiltrative al secondo stanno aumentando che speriamo portino alla fine a una precisa rigenerazione del tessuto cartilagineo. Stiamo utilizzando fattori di progresso derivati dalle piastrine (PRP), così come trattamenti infiltrativi con cellule mesenchimali derivate dal midollo osseo o dal tessuto adiposo. Queste sono le ultime frontiere che già consentono di apportare modifiche a livello medico in termini di miglioramento del dolore e della funzionalità articolare”, conclude il dott. Di Martín.